C’era una volta l’indietronica: oggi meno indie e più elettronica. Senza esagerare, comunque.
Poche case discografiche sono così legate a un ben preciso (sotto)genere musicale come la Morr Music a quel recinto – tanto ibrido quanto circoscritto – che va sotto il nome di indietronica. Se non vogliamo sbilanciarci dicendo che l’ha inventato, sicuramente nessuno potrà negare l’importanza che ha avuto l’etichetta berlinese nel contribuire alla sua definitiva consacrazione.
Poche band sono legate a una label, da una vita e per la vita, come i Lali Puna alla creatura di Thomas Morr. Se, come si dice, nel calcio non esistono più le bandiere, figuriamoci nel music business. Eppure il gruppo di Valerie Trebeljahr, splendida mosca bianca in un mondo di pecore nere, ancora non si stanca di interpretare il ruolo di Francesco Totti nella squadra del produttore tedesco.
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Una discografia completa senza cambiare casacca, che li ha visti debuttare nel 1998 e passare con la naturalezza dei predestinati dal ruolo di pionieri (prima), alfieri (poi) e custodi (ora) dei segreti della nicchia in questione.
Orfani del genio compositivo di Markus Archer – che insieme alle sue chitarre si porta via il lato più indie del progetto, lasciando gli altri a fare i conti con quel che resta dell’(elet)tronica – e a sette anni di distanza dal precedente Our Inventions, i ragazzi di Monaco di Baviera tornano con Two Windows. Un disco che si pone come un nuovo punto di partenza e prova a limitare un minimo la componente soave ed eterea, a favore di beat più accentuati, energici e “fisici”.
Il tutto, comunque, sempre senza esagerare, né perdere il delicato equilibrio – in questo senso la titletrack è un esempio perfetto – che ha sempre contraddistinto le loro invenzioni pop: arrangiamenti stratificati, glitch elettronici campionati e la voce di Valerie, fugace e quasi sussurrata come un’ombra nella coda dell’occhio.
Per capirsi: i Lali Puna erano la risposta alla domanda (“Ma chi sono questi in sottofondo?”) che vi siete fatti la prima volta che avete visto l’inizio de Le Conseguenze Dell’Amore di Paolo Sorrentino, ovvero la colonna sonora perfetta di un tapis-roulant che si muove lentissimo in un aeroporto deserto. E in questi anni di silenzio non hanno né violentato la loro natura, né perso il loro gusto innato per tutto ciò che è, wow, emozionale.
Quindi lo capite anche da soli che, nonostante qualcuno abbia parlato di “svolta dance”, sarebbe stato ridicolo aspettarsi la techno all’improvviso.