Il pasto nudo e crudo.
Le regole del gioco sono semplicissime. Prendete uno dei vostri album preferiti e mischiatene la tracklist così che i titoli, messi in fila uno dietro all’altro, formino un discorso più o meno sensato.
Ripetete l’operazione con un altro disco. Ecco così pronte le due strofe principali del vostro nuovo singolo e voi dovrete preoccuparvi soltanto di trovare un ritornello che funzioni (oddio, con queste premesse, più o meno “qualunque” ritornello funzionerà!).
Insomma, una specie di Parolandia per bambini cresciuti (a pane e William Burroughs, per la precisione), applicato alla composizione di testi per la musica e che – a livello di sbattimento generale – sta giusto un gradino sopra il Thom Yorke di Kid A ed Amnesiac (si narra tirasse fuori a caso da un cappello foglietti di carta con su scritte le parole: tu chiamalo, se vuoi, “cut-up method”) e giusto un gradino sotto il ben noto Verbalizer di David Bowie.
La cosa buffa è che funziona, almeno a vedere quello che fa Johann Sebastian Punk con Revolver dei Beatles e Aftermath dei Rolling Stones nel suo ultimo pezzo Tragedy, tratto dal nuovissimo Phoney Music Entertainment ed ennesima prova di perizia estrema nel campo della “musica rocambolesca”: baroque-pop e surf-punk rallentato, glam-rock e teatralità pura, tutto rigirato col mestolo in un unico calderone visionario che prova a sciogliere il significato della parola dentro il suo stesso suono.
Processo, questo, addirittura estremizzato nel video, dove un Massimiliano Raffa a metà tra Peaches e Arturo Brachetti finge di partecipare a un ipotetico casting per sosia di Vladimir Luxuria, mentre ci accompagna in un karaoke fonetico attraverso sottotitoli universalmente leggibili, in quanto scritti – sarebbe meglio dire “pronunciati”, i più impertinenti potrebbero azzardare “storpiati” — secondo le regole dell’IPA.
No, non la birra: l’International Phonetic Alphabet.