… e Marshall Mathers tornò a essere rilevante: così, all’improvviso, in un attimo.
Le mani, la danza da pugile, le macchine nere coi fari accesi, il parcheggio, lo hood, il catenone, gli homies sullo sfondo. Ma soprattutto le parole scagliate con progressivo furore, sdegno, la voce che si incrina, il quasi palpabile rumore di denti che digrignano, la fatica a controllarsi fisicamente – malgrado le frasi siano precise e tutt’altro che banali, e l’arrivo alla dichiarazione di odio finale sia costruita con un crescendo di accuse circostanziate, diverse da uno sfogo obnubilato ma anche da un calcolo opportunistico per una rentrée da dio del rap.
Del resto, è davvero “safe” attaccare così violentemente il presidente degli Stati Uniti, eroe del popolo? Eroe, per sovrammercato, di molta di quella “spazzatura bianca” che a suo tempo elesse Eminem suo emblema? Non è più conveniente fare come tutti gli altri, costruirsi dei deliziosi dissing tra star, invece di precludersi qualche cruciale milione di clic?
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Che diamine: i cantanti country hanno visto sparare al loro pubblico, e si sono ben guardati da qualche dichiarazione che contenesse la parola “armi”… Non sia mai che potesse suscitare controversie.
Che poi a Eminem piaccia esser controverso è noto. Ma tanto per capirci, su YouTube, nel giro di ventiquattro ore, accanto a commenti deliranti (Prophet: «Dillo che preferisci l’antiCristo Obama» - 421 likes), cinici (S.C.: «Brutta cosa la crisi di mezza età» - 35 likes; Faith Frommyhard: «Ormai ha fatto il suo tempo…» - 181 likes) o sprezzanti (Hvac God: «Lascia stare la politica e fai quel che sai fare, cioè drogarti, insultare tua madre, e fare il buffone per soldi» - 61 likes), sono apparsi commenti tecnici, da parte di Gente Evidentemente Addentro.
Mishkin, infatti, argomenta: «Eminem cerca di rimanere rilevante ma è un simbolo di supremazia bianca e oppressione, la sua carriera usurpa quella di artisti non bianchi. La sua è un’appropriazione culturale, non è mai stato povero – un bianco in questo Paese non sa cosa vuol dire essere poveri» (31 likes). Ma ancora più nel dettaglio musicale, Lakamolaka sostiene: «Il flow è terribile, il ritmo assente. Mi spiace ma è come vedere qualcuno che cerca di rappare per la prima volta e che fa schifo, sembra davvero che abbia perso il suo tocco» (57 likes), mentre Bboysoulzero riassume: «Mi ricordo di quando faceva rap senza pause imbarazzanti e fiatone» (32 likes).
Che dire: la controversia c’è. Ma su una cosa, essendo questo un sito musicale, ci pare particolarmente stupida: sul flow, sull’ortodossia della forma. I dibattiti deficienti da saccenti in felpa sono uno dei principali motivi per cui da anni l’hip-hop, forma d’arte quarantenne che si atteggia a supergiovane (come tanti quarantenni), è sempre più una macchina da soldi imbecille, uno zombie cui non frega niente della gente, un guitto per il quale è più redditizio fingersi pericoloso che prendersi qualche rischio.
Ed è sconfortante vedere che anche in Italia, in queste ore, già tanti fra’ e bro’ e zi’ arricciano lo stiloso nasino, come se Eminem – … che è Eminem, non il cugino dell’hinterland che se la tira al muretto – non sapesse benissimo la differenza tra un flow impeccabile e quello che ha mostrato in questo video. Come se non avesse voluto fare a pezzi, come bersaglio secondario, anche le vecchie regole del rap e del freestyle (che del resto, più ha regole, meno è “free”…).
“Fight the power”, diceva qualcuno. Ma anche il rap oggi è parte compiaciuta di quel power. E ora uno dei suoi massimi esponenti vuole forse provare a combatterne il compiacimento. Per quanto sia improbabile che possa fermare la fine del mondo, perlomeno ha provato a fermare la fine del rap.