Che ci fanno, assieme, un quartetto d’archi americano, un trio del Mali e un leader religioso imbroglione? Un pezzo fantastico.
Un quartetto d’archi americano ubercool, un trio proveniente dall’Africa Occidentale, un leader religioso imbroglione. David Harrington del Kronos Quartet – un’attività ultraquarantennale ai confini della musica contemporanea e oltre – dice che è una delle loro collaborazioni migliori. E chi siamo noi per smentire l’uomo che anni fa incise la madre di tutte le cover di Purple Haze di Jimi Hendrix? Il partner di questa nuova escursione del quartetto d’archi nei territori delle musiche del mondo si chiama Trio Da Kali, gruppo del Mali formato dalla cantante Hawa Kassé Mady con il capobanda e virtuoso del balafon Fodé Lassana Diabaté e Mamadou Kouyaté. Assieme hanno fatto un album titolato Ladilikan (no, non Ladylike) di cui parlano tutti bene, a ragione.
Si scopre, insomma, che il suono di un quartetto d’archi “colto” si sposa benissimo con le trame del balafon e del ngoni e che tutti quanti trovano un terreno comune nel carattere ripetitivo, verrebbe da dire minimalista, della musica. Ascoltare i suoni vividi, la musicalità, il talento, la strepitosa vocalità, i valori espressi in Eh Ya Ye serve a ricordarci che esiste un altro modo di far musica. E poi c’è il testo dove si redarguisce un uomo di religione dell’Africa Occidentale musulmana che afferma di avere il potere di evocare gli spiriti. Morale: «È un male cercare di superare i propri limiti, le menzogne non vanno bene, non si può fare apparire uno spirito con una menzogna». Per un attimo ho pensato che fosse un’allegoria della politica italiana.