Un inno alla più classica, banale e borghese delle posizioni.
Ok, avete sentito quella celebre canzone in cui si dice del rapporto orale di Janis Joplin e Leonard Cohen su un letto sfatto del Chelsea Hotel e pure quell’altra sulla bella Nikki che si masturba con una rivista. Robert Plant vi ha pregato di spremergli il limone e i Kiss vi hanno invitato a Lick It Up e anche in fretta ché bisogna cogliere il momento. Alanis Morissette ricordava al suo ex che il cinema era un’altra cosa con lei al suo fianco – o forse dovremmo dire sopra di lui –, mentre Trent Reznor dichiarava piatto piatto di voler «scoparti come un animale».
E poi sì, c’è Mick Jagger che cantava delle ragazze di colore che lo vogliono fare tutta la notte, beccandosi del razzista e sessista in un sol colpo. E insomma, il pop e il rock hanno cantato il sesso in mille modi, per non parlare di quelle storielle pruriginose dei Led Zeppelin e del pesce saltato fuori dal Puget Sound oppure del magnifico chitarrista che secondo Frank Zappa usava il perlage dello spumante in modo improprio. Mancava un inno fiero e sincero alla più classica, banale e borghese delle posizioni: il missionario. Ci pensano gli Sparks in una canzonetta dall’andamento marziale in cui, con tono impassibile, ammettono che la posizione è effettivamente passé, ma preferiscono fare affidamento su ciò che è collaudato e affidabile. Gli sperimentatori sono avant garde, ben per loro, ma a letto gli Sparks si sentono tanto, ma tanto neoclassicisti.
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