La scena hip hop italica è quello che è: pochi alti, molti bassi, tematiche trite e ritrite. Poi c’è Caparezza.
Non c’è rapper che non rivendichi la sua diversità. E alla fine hanno tutti ragione, sia chiaro. Però solo uno, in Italia, ha l’aria di essere deliberatamente andato in direzione opposta agli altri. Nella musica, nello stile, nel flow - che secondo i più tecnici, non possiede nemmeno, anche se a rapidità e prestidigitazione vocale ha pochi rivali.
Ma in direzione opposta vanno anche gli argomenti e la loro profondità, stando alle moltitudini che apprezzano esplicitamente, nei commenti su YouTube, il fatto che “non parli di droga, soldi e fighe” (e lui ne fa compiaciuto manifesto, spiegando che preferisce rimare “di draghi, saldi e fughe”, e rivendicando: “Faccio musica, non defilé”). Anche sotto questo aspetto, Caparezza è il primo caso di rapper italiano che si rivolge agli adulti e solo in seconda battuta ai loro figli. Difficile dire se si rivolga anche all’elettorato pentastellato che, per qualche motivo, lo ha in grande simpatia (…e pensare che con Fedez non ha molto in comune).
È evidente però che il nuovo album Prigioniero 709 si propone una presa di coscienza ancora più ampia, una sovrapposizione di un proprio momento di sofferenza personale a quello dei propri coetanei, anche qui in modo molto distante dall’inclinazione all’egotrip che è tra i requisiti dei rapper che si rispettino, nei quali finisce per sabotare dall’interno quella illusione di identificazione tra chi rima e chi ascolta, con buona pace della smania di identificare la “voce della giovane generazione”. Al contrario, Caparezza riesce a essere una plausibile “voce di una generazione” perché fa saltare l’aggettivo “giovane”.
Non a caso Ti fa stare bene, forse l’unico brano sereno del disco anche grazie a un’atmosfera funky vecchio stile e al coro femminile, ambisce a essere un inno al buon senso in senso buono: “Chi se ne sbatte di diete famose, di strisce nel cielo e di banche”, “Sono tutti in gara e rallento, fino a stare fuori dal tempo”. “Voglio essere superato, come una Bianchina dalla super auto”. L’unico momento in cui Caparezza si volta verso “la scena”, con l’ironia di prammatica sull’essere mainstream, è nella frase finale: “Questa canzone è un po’ troppo da radio – sticazzi, finché… Ti fa stare bene”. E anche il fatto che si parli di “radio” dice qualcosa, anche più della Bianchina, sul target maturo di Caparezza. Non così maturo, comunque, dal trattenersi dall’accapigliarsi sui social coi fan dei “rapper bimbiminkia”.