I lupi di Olympia trascinano il black metal un passo oltre. Sempre.
Ad Olympia le memorie post-punk delle riot grrrls e le camicie da boscaiolo lasciate a terra dai grunge kids della vicina Seattle (che, se non sono morti, si sono notevolmente “ripuliti”) hanno creato un humus fertile per chi non ci pensa affatto, a conformarsi.
Usciti dal ventre oscuro della “rain forest”, arrivano i lupi del Cascadian black metal: quello che negli Usa ha scavalcato i Mayhem a sinistra, ormai da tempo, infarcendo i pezzi di un sulfureo lirismo dark-ambient.
Il clima uggioso dello stato di Washington, non troppo differente da quello norvegese, partorisce ritualità sonore infestate da presenze disturbanti, dove i demoni del Pianeta Terra si materializzano nell’urlo gutturale del rettile satanico.
In questo brano – che anticipa il nuovo album Thrice Woven – il serpente possiede un occhio attraverso il quale il male si rigenera; l’unica via di salvezza è guardarlo in faccia, trasmutandolo in musica. Se ne avete il coraggio.