I Leprous disarcionano il concetto di “metal” ancora una volta, spingendolo verso altri orizzonti.
Nei loro sedici anni di attività, i Leprous sono stati definiti in tanti modi diversi (progressive metal, post-rock, rock sperimentale, art rock ecc.), tanto da confermare la loro fama di “lebbrosi del metal”, sfuggendo ogni volta ad ogni categorizzazione.
From The Flame ribadisce il concetto, portando le melodie dolenti ed enfatiche a rincorrersi in un crescendo di tensione. È come se i Muse si fossero all’improvviso trasferiti in Norvegia, per prendere lezione dagli Ulver e dagli Ark.
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Non che Einar Solberg e soci abbiano bisogno di padrini: qui dimostrano di saper manipolare magistralmente la densità della penombra, rendendo il melodramma orecchiabile quanto basta per piacere ad ammiratori di varia estrazione. Tra questi ultimi, forse, ci sono pure gli hipster che fino a poco fa stravedevano per i Röyksopp e che ora, se non vedono la parola “post” stampata sul biglietto da visita di un gruppo metal, manco ne ascoltano la musica.
Insomma: se con i Leprous ci si deve proprio infettare, almeno che la malattia non sia troppo virulenta e lasci sulla pelle delle cicatrici che facciano anche un po’ tendenza…