Non più giovani, ma non ancora abbastanza vecchi per passare per “classic”. Dura la vita degli Horrors.
«Il gruppo ha annunciate il titolo [dell’album di debutto] attraverso un bollettino MySpace, l’11 gennaio 2007» (cit. Wikipedia). Una notizia che sembra provenire da lontanissimo, un’era oscura e confusa in cui gli uomini utilizzavano cellulari a conchiglia, ma che risale “solamente” a dieci anni fa.
Così il nome degli Horrors va aggiunto alle vittime di una specie di paradosso temporale: appena l’altro ieri erano giovani, belli e promettenti, oggi appaiono quasi come dei veterani fin troppo navigati. Ma mica è colpa loro, se nel frattempo Steve Jobs, Mark Zuckerberg & Co. hanno rapidamente seppellito il passato prossimo e si sono messi il mondo in tasca – con la nostra beota compiacenza.
↦ Leggi anche:
The Horrors: Lout
Cosa ha combinato il quintetto inglese in un decennio (che rimane comunque l’arco temporale nel quale i Beatles hanno cambiato il pianeta)? Buoni dischi e bei concerti, in estrema sintesi, graziati da un discreto consenso popolare.
Il nuovo singolo ribadisce che la band possiede sempre talento, energia e lucidità: troppo tardi per diventare delle rockstar, ma sarebbe stato meglio se l’ultimo dei Jesus and Mary Chain l’avessero composto loro.