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Rolling Blackouts Coastal Fever: Sick Bug
Non ci chiamate per nome, che si fa tardi

Rolling Blackouts Coastal Fever
Sick Bug

Rolling Blackouts ecc.: dall’Australia, canzoni leggere per amori perduti.

“Scegli cinque accordi, ma non usarli tutti in una canzone. Usane al massimo tre”. La storica etichetta Sub Pop aveva questa regola aurea, per le sue band, ai tempi che furono. Ora, la presenza nella sua scuderia dei Rolling Blackouts Coastal Fever crea una sorta di continuità, in questa ricerca della… sintesi (di cui non c’è traccia nel nome, però).

Australiani, i RBCF sono un gruppo a conduzione famigliare: due cugini, due fratelli e un amico batterista. Sembrano spuntati fuori dal nulla e, in effetti, lo sono. Prima le jam nella stanzetta, poi i locali di Melbourne e, infine, due EP. Tante chitarrine, velocine, mielosine, intrecciatine, un rapporto non monogamo con gli strumenti (tutti tranne il batterista si alternano a chitarre, basso, tastiere E voce) e un’estetica già ben definita, anche nei videoclip.

Sick Bug è tratto dal secondo EP French Press. Soprattutto, Sick Bug è quel virus che si impossessa del cuore, e riporta alla mente amori perduti, mandando in “crash” i ritornelli con un ossessivo mantra: «I want you I want you I want you».

Una band che ha molte assonanze – e non sarà un caso – con i Real Estate. Per la precisione: “i Real Estate dopo un pacco da sei di bevande energetiche”, senz’altro la definizione più calzante. Oppure “I Blue Öyster Cult posseduti dai Go Betweens”. Ma qui si va nel campo del raffronto, e noi non lo vogliamo.

Vogliamo solo i RBCF, con i loro amorazzi andati a male.

Rolling Blackouts Coastal Fever 

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