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Fleet Foxes: Fool's Errand
I Fleet Foxes in pausa caffè

Fleet Foxes: tornare senza fretta, nonostante l’ex batterista.

Una cartolina di Laurel Canyon: questa l’immagine che evocano da sempre i Fleet Foxes. Joni Mitchell alla finestra, Crosby, Stills, Nash e Young a strimpellare intorno a un barbecue, fumati come caimani. Con tanti strumenti, però: un dulcimer qua, una campana tibetana là, un timpano, un Moog e le maracas.

I Fleet Foxes, tuttavia, sono di Seattle, non di Los Angeles. Portati in palmo di mano dalla Sub Pop post-grunge, che con loro ha messo a segno una delle mosse più azzeccate degli ultimi dieci anni, ora incidono per la Nonesuch. Un concerto allo Showbox, storico club della città, ha accompagnato il loro ritorno. Che sarebbe stato trionfale, se solo Chris Cornell non avesse fatto ciò che ha fatto…

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In fin dei conti, il quartetto non è che una delle più eclatanti reincarnazioni di questa bizzarra città; esattamente come il loro vecchio socio – Josh Tillman, a.k.a. Father John Misty – che ora, in parole povere, è più famoso di loro. L’ex batterista che fa il gesto dell’ombrello alla sua ex band.

Ma è anche vero che i Fleet Foxes non pubblicavano un disco da sei anni: tanto tempo è passato tra il nuovo Crack Up, in uscita a giugno, e l’acclamato Helplessness Blues. Robin Pecknold, d’altra parte, voleva tornare a studiare alla Columbia University. Non esattamente quel che ti aspetti dal leader di una band che sta facendo il botto.

Fleet Foxes 

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