Primavera con vista estate e “prova costume” appena dietro l’angolo: meglio cominciare a esercitarsi subito, magari col groove DOC di Jason Kay.
Arriva la primavera e tutti sono impanicati dal profilarsi della fatidica “prova costume” (dall’andazzo imprevedibile, peraltro: ora se non hai un deretano alla Nicki Minaj, sei una sfigata). Cosa c’è di meglio allora che rispolverare il groove di Jason Kay?
Ha quasi cinquant’anni, il furetto di Stretford, ma proprio per questo si ricorda bene che cosa sono stati il funky e la dance music, prima che affogassero tra le spire dei vari David Guetta e Bob Sinclair, e che la “blackness” impallidisse a forza di meticciati iperprodotti e sculettamenti farlocchi alla Drake.
I Jamiroquai tornano intelligentemente indietro (cosa che fanno dal 1993), proponendo una sonorità non innovativa, ma che sa restituire alle natiche la loro antica dignità. Liberate dalla stretta asfittica delle mutande digitali, esse tornano a ballare libere, scaldate da un brano nato per far muovere anche le salme imbalsamate e dimentiche delle lezioni della Motown e Stax Records.
Come si suol dire: le chiappe arrivano dove la memoria arranca (e, a proposito di memoria, pochi giorni fa è scomparso Toby Smith, ex tastierista della band: RIP).