Missy Elliott ci è sempre stata simpatica. Innanzitutto perché non è una quelle “bling bling pussy di legno” sfornate ultimamente dal music-business per la gioia del pop da classifica…
Diciamola tutta: Missy Elliott ci è sempre stata simpatica. Innanzitutto perché non è una di quelle “bling bling pussy di legno” sfornate ultimamente dal music-business per la gioia del pop da classifica. È cicciotta e si veste con mise che la infagottano come l’Omino Michelin; il sesso per lei non è il solito giochino “ce l’ho ma non te la dò”, visto il suo passato da ragazzina abusata dal padre e dal cugino; le leggi del ghetto sono esperienze che hanno lasciato le cicatrici sulla pelle e nell’anima e non favole create dopo aver letto qualche testo degli NWA. La musica la salvò e lei divenne la campionessa del “female empowerment” in un ambiente misogino come quello hip hop, stimata in primis dai colleghi maschi, sempre così vera e brava nell’assemblare beat catchy da fare collezione di premi e collaborazioni prestigiose. Ora esce con questo brano minimale ed ipnotico per dire a tutti che a quarantacinque anni sta meglio e che non importa quanti volte si cade nella vita, se si trova ogni volta la forza di rialzarsi e ricominciare. «Inizio dal fondo, è un altro giorno, un’altra opportunità, sto meglio, mi risveglio e voglio danzare», canta. E che Dance, Dance Dance fosse il segreto della sopravvivenza, lo disse anche Haruki Murakami.