Questa volta Mark Lanegan canta una canzone d’amore umbratile e densamente elettrica, al posto del “solito” blues affogato nella metanfetamina.
Nell’acme notturno baciato da angeli e demoni, Mark Lanegan dona afflati sulfurei intrisi di roca poesia. Non è più il blues affogato nella metanfetamina, e neppure la malattia moribonda del whisky e delle sigarette bruciate in gola, ma una canzone d’amore umbratile e densamente elettrica che grida la sua urgenza di vita. Nocturne anticipa il nuovo album Gargoyle, cui hanno partecipato tra gli altri Josh Homme, Greg Dulli e Duke Garwood, e che vede l’ex Albero Urlante – oramai giunto alla piena maturità – respirare aneliti di crepuscolo che turbinano di ritmo. L’atavico istinto di morte, che Lanegan ha corteggiato così a lungo, qui trasmuta definitivamente in un lirismo esistenziale più vicino ai grandi songwriter dell’oscurità (da Nick Cave a Leonard Cohen). L’alchimia della musica ha trasformato lo zolfo in oro e il funerale blues ha benedetto le spoglie di un nuovo battesimo.
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