Dopo, “Keep Your Name”, ecco “Little Bubble”, una riflessione delicata e ambigua sull’isolamento e la perdita. I Dirty Projectors sembrano sempre più il progetto di un uomo solo, in tutti i sensi.
Tira un’aria triste in casa Dirty Projectors. Tira aria di rivoluzione. Dopo Keep Your Name, un addio a una compagna dove piano personale e artistico si confondevano, ecco un pezzo su quando si viveva nella nostra piccola bolla, tu ed io. Dave Longstreth sta mettendo sottosopra i Dirty Projectors: i cori femminili accecanti di un tempo sono spariti, i timbri sono scuri a partire dal suono di tastiera elettrica (Fender Rhodes?) che apre la canzone, la produzione strizza l’occhio alle micro-manipolazioni digitali dell’R&B. Little Bubble vive in una dimensione onirica, è malinconica e meditativa, una riflessione delicata e ambigua sull’isolamento e la perdita. I Dirty Projectors sembrano sempre più il progetto di un uomo solo, in tutti i sensi.
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