Fermi tutti: e se Robbie Williams (sì, quel Robbie Williams) fosse in grado di cantare fama, successo e soldi in modo più penetrante di quanto non si faccia nel «genere precedentemente noto come CNN del ghetto»? Lo scrive oggi Paolo Madeddoni su Humans vs Robots.
Robbie Williams è come certi rettili: dovrebbe essere estinto e invece sta una favola. Ha il dna più vecchio del mondo, non si è adattato per nulla alle classifiche di questo decennio pur essendo animale da classifica per natura, eppure eccolo lì a sciabordare nel classic pop - inteso sia come il pop di una volta (il top of the pops) che come pop impacchianito dalla classica, nel connubio kitsch per eccellenza: in questo caso, con Prokofiev, già caro a Sting, Emerson, Lake & Palmer, Bowie (per Pierino e il Lupo). In verità il brano, costruito sulla maschia, putinesca marzialità della Danza dei Cavalieri da Romeo e Giulietta, non è del tutto rappresentativo dell’album che lo ospita, Heavy Entertainment Show, un piacionissimo ancorché anacronistico compendio di brit pop come era stato il suo debutto Life thru a Lens - ma con in più una forte voglia di Elton John. Ma è a suo modo un’ulteriore prova di come l’ex Take That faccia corsa a sé. E se proprio deve cantare fama successo e soldi come fanno tutti, vuole almeno farsi due risate - sfruttando il kitsch (che come garanzia di pageview sta superando il sesso) e nel contempo, illustrando questo aspetto della nostra epoca in modo più penetrante di quanto non si faccia nel genere precedentemente noto come CNN del ghetto. A proposito: il testo ha una metrica, rime interne e gimmick che parecchi rapper se li sognano. Ma anche fare caso a queste cose, sia chiaro, è old school.