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Metallica: Halo On Fire
"Siamo i Metallica, le facce cattive le facciamo per contratto!"

Dopo il Nobel a Dylan, la morte di Bowie, Trump alla presidenza degli USA e la Brexit, cosa altro doveva succedere? Incredibile ma vero…

Il 2016 è stato un anno zeppo di imprevisti. La morte di David Bowie. Trump presidente degli USA. L’Inghilterra che se ne va dall’Europa. Il Nobel a Dylan. E ora, questa: i Metallica che fanno un disco decente. Non che Hetfield e soci non avessero saputo, in passato, coglierci di sorpresa: quando pensavamo non potessero fare un disco più brutto di St. Anger, ecco che con Lulu stabiliscono un nuovo standard di riferimento – verso il basso. Ma ora l’America is great again, e si sa che il sogno americano è una storia di polveri e di altari, di stelle, di stalle e ritorno: e Hardwired… To Self-Destruct sa effettivamente di ritorno dall’esilio. Ed è un po’ come se i californiani riannodassero i fili col Black Album (parliamo di quasi 26 anni fa), e riprendessero un discorso prematuramente interrotto, fatto di potenza e melodia, riff rievocanti il passato thrash opportunamente edulcorati e aggiornati ai tempi; e fatto, soprattutto, di idee. Halo On Fire è solo l’ultimo e uno dei più indovinati brani di un disco tutt’altro che privo di difetti, ma che ci ricorda che la speranza è davvero l’ultima a morire. Oh, per quanto riguarda Trump, invece, pare non si possa proprio più far niente.

Metallica 

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