Come se non bastasse un nome che probabilmente impedirà l’invito a Buckingham Palace, il duo di Wolverhampton pubblica un videoclip intriso di sangue umano e bava canina; le scorciatoie per il successo di massa non sono la specialità dei God Damn. La loro sintesi di più o meno tutto ciò che c’era di buono nel rock duro e alternativo degli anni ’90, tuttavia, è appassionata e convincente. A prescindere dall’estetica, il suono degli inglesi non si presta all’odierna fruizione popolare: troppo sporco, pesante e ruvido (sebbene provvisto di una pregevole vena melodica). Il bello è che al gruppo e alla sua etichetta — la One Little Indian, storica entità indie londinese — sembra importare poco. Trovarsi nel posto sbagliato, al momento sbagliato, e proseguire come se nulla fosse: niente di più rock and roll, nel 2016.
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