Sembra un passo indietro, questo dei Baustelle. E nel loro caso, non è necessariamente un passo nella direzione sbagliata: questo brano — gratuito e rigorosamente escluso dal prossimo album, chissà perché — li riporta al centro del loro manifesto immaginario. Tutto quello che viene evocato, dai suoni ai conflitti alle figure di riferimento (Apollinaire, Kosma, Prévert, Bowie, Houellebecq) è parte di un tempo perduto che tuttavia non se ne va mai e contiene tutto lo struggimento dell’umanità, testimoniato ma non affrontabile. Ogni guerra, pare concludere Bianconi, è tutte le guerre, l’Isis si sovrappone alle SS, Berlino a Milano, e in fin dei conti avremo sempre Parigi. Musicalmente, tra le consuete influenze sembra emergerne una del tutto inaspettata e probabilmente casuale, ma sta di fatto che c’è una sequenza di note che sembra presa di peso da Bicycle Race dei Queen — e il proclama «Non contiene sintetizzatori digitali» ricorda quello che a lungo era stato un vanto della band di Mercury e May. Che peraltro, con Bowie registrò un pezzo piuttosto noto — però in Svizzera. Per poco il carpiato non riusciva.
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