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Una volta alla settimana compiliamo una playlist di tracce che (secondo noi) vale davvero la pena sentire, scelte tra tutte le novità in uscita.

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A volte è necessario approfondire. Per capire da dove arriva la musica di oggi, e ipotizzare dove andrà. Per scoprire classici lasciati indietro, per vedere cosa c’è dietro fenomeni popolarissimi o che nessuno ha mai calcolato più di tanto. Queste sono le storie di HVSR.

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Amber Coffman: All To Myself
La gioia di cantare «all to myself»

È il periodo giusto per essere un fan dei Dirty Projectors. Due settimane fa il capobanda Dave Longstreth ha pubblicato Keep Your Name, prima bizzarra canzone del gruppo da molto tempo a questa parte senza Amber Coffman, che di Dave era complice, partner vocale, fidanzata. E ora Coffman risponde con una chicchina soul-pop — peccato solo che duri un filo più del necessario. È una canzone solo apparentemente semplice: poteva essere arrangiata con Hammond e interpretata da voci “naturali” e invece Coffman ci mette un coro digitalizzato che fa molto Dirty Projectors (al minuto 3:00 e altrove pare di sentire Longstreth) e registra voci d’accompagnamento che si staccano dalla principale svolazzandole attorno. Vien fuori una strana feelgood song, «un mantra, un discorso d’incoraggiamento, una canzone d’amore per se stessi» (definizioni di Coffman). Ricorda i Dirty Pro, ma senza il carattere spigoloso dei Longstreth il tutto è addolcito. Mettetela assieme a Keep Your Name e avrete un dialogo fra due partner, in tutti i sensi, che si sono lasciati: sarà davvero così? Ah, poi uscirà anche un album di Coffman, City of No Reply.

Amber Coffman 

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