Focus sulla canzone, il marketing di contorno importa poco. Il Thom Yorke solista si defila sommerso dall’estro orchestrale di Jonny Greenwood che arrangia gli archi in maniera magistrale, rendendo una normale canzone dei Radiohead — eseguita live già dal 2006 — un piccolo gioiello. La tecnica col legno (ovvero il picchettare la corda del violino con la parte opposta al fascio dei crini dell’archetto) s’alterna a sciami maestosi che svolgono un’azione antigravitazionale, il brano fluisce volteggiando nella primavera, puntellato da una batteria ipercompressa, quasi assente. Il tono è elegiaco, sebbene strisci sempre un’angoscia subliminale. A remare contro c’è Yorke, il testo è innocuo e il suo falsetto rischia di appiattire l’ambiente sonoro, rendendo stantie intuizioni melodiche semplici e dall’efficacia disarmante.
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