Chelsea Wolfe non ne vuole sapere di abbassare il livello delle sue composizioni: Dusk è solo un singolo per ora, ma la voglia di capire se e per quando è previsto un nuovo album è già sopra i livelli di guardia. Concetto di voglia che viene riportato prontamente nel campo degli istinti più animaleschi dagli Slothrust, che riprendono un vecchio pezzo di Ginuwine ricco di doppi sensi e ammiccamenti a dir poco sensuali. Voglia di far casino invece, quella dei Kid Kapichi, dove non importa: sugli spalti di un campetto di provincia a tifare l’Hastings United, ubriachi in piedi sul bancone del bar oppure – sempre ubriachi, s’intende, e sempre in piedi – sulla scrivania in ufficio.
Parliamo di voglie più melancoliche e oscure, poi. Amelia Murray (in arte Fazerdaze) ci insegna, dalla lontana Nuova Zelanda, a venire a patti con la distanza che ci separa, in tutti i sensi. Ruben Wijlacker (con quello che, di fatto, è un progetto solista a nome IJdelheid) conferma che anche i post-blackster piangono. I Blood Ceremony ammorbidiscono il loro retro-rock occultista con pennellate più radio friendly. I Setting continuano a sperimentare fluttuando tra dimensioni acustiche e sintetiche. Anjimile Chithambo sfrutta la sempiterna formula del “less is more”: elegante e minimale.
Ma non temete, c’è anche voglia di pop e leggerezza, ci mancherebbe: i Teenage Halloween confezionano un punkettino leggiadro e scapigliato, mentre Melody Prochet chiama a raccolta i Crumb per mischiare i mondi di Serge Gainsbourg e Twin Peaks. Ascoltare per credere.