Benvenuti nella settimana delle ammucchiate. Incontri al buio, collaborazioni, scambi di opinioni. Per lo più inevitabili, come quello tra un producer raffinatissimo come Christopher Stephen Clark e l’anima solista, dichiaratamente elettronica di Thomas Edward Yorke. O quello tra l’estetica sopra le righe di Deb Demure e l’ugola delicata, presa in prestito per un attimo dagli Slowdive, di Rachel Goswell. Che dire poi degli intrecci tra il magma oscuro del duo belga Le Motel e il vociare salmodico dell’MC Flowdan? Hanno sopra il timbro del Fabric di Londra, quindi una sicurezza. Last (but not least) — udite, udite! —, tornano a urlare duro anche i Bring Me the Horizon, con quello che più che un feat pare un’orgia vera e propria, visto che ci tirano dentro nientepopodimeno che Lil Uzi Vert, Daryl Palumbo e Glassjaw: tante grazie e… AmEN!
Rimanendo in ambito metal, massimo rispetto per i due estremi: dalla gioiosa cazzoneria (mai stati più seri, loro, in realtà) dei Gloryhammer, alla dignitosa vecchia scuola dei Jag Panzer. Senza dimenticare Ray Alder, da sempre maestro di tecnica vocale e coerenza stilistica.
Per il resto, un bentrovati agli Spoon, che recuperano dal cassetto uno scarto (mai definizione fu più fuorviante) del loro ultimo album, all’electro post-punk dei Semiotics Department of Heteronyms e al folk spettrale di Will Westerman, che conferma il suo talento alla luce del suo secondo full-length.