Hannah Merrick, come atteggiamento, è quanto di più diverso si possa immaginare dalla venerata (e ormai veneranda) Miss Louise Veronica Ciccone, eppure riesce a capovolgere Like a Prayer in una liturgia trip hop che giù il cappello proprio. Più paraculi i New Candys invece, che del Bugo di vent’anni fa mantengono lo stile, ma provano a tradurne le parole nella lingua d’Albione. Il risultato? Niente male.
Sempre fedeli a se stessi, i Rancid, e a quell’idea cristallizzata di canzone punk spaccavetrine, indipendentemente dal fatto che di anni tu ne abbia sedici o quasi sessanta, come il buon Tim Armstrong. Lo stesso – ma in senso diverso – si può dire di Cory Hanson che, alla faccia delle influenze importanti (vedi alla voce Bill Callahan, Will Oldham e, ovviamente, Neil Young), anche da solista non teme confronti, e di Sam Burton, tenue e delicato come un novello Tim Buckley. Confronti che non temono a prescindere i Mandy, Indiana, originali per natura, a partire dalla voce di Valentine Caulfield, che mischia un industrial-noise cantato in francese, per l’ennesima (purtroppo necessaria) invettiva contro il patriarcato.
Il resto è metal in tutte le salse: il brutal-death che fa battere il cuore degli Scar Symmetry, il paganesimo sovietico degli Arkona, il progessive ben bilanciato degli Alchem e – perché no? 2023 is the new 1991, alla fine – l’onesto sleazy rock dei Buckcherry.